Salviamo le coste
L’Italia ha una partita tutta da giocare: salvare le sue coste. Da sempre i paesaggi costieri rappresentano una parte rilevante
dell’identità, della storia e della memoria collettiva del nostro Paese, oltre che una risorsa turistica importantissima e un patrimonio naturale di straordinario pregio. Eppure, le trasformazioni avvenute negli ultimi anni attestano una realtà allarmante che non accenna a cambiare.
Legambiente ha avviato nel 2012 uno studio delle aree costiere di tutta la Penisola (ad eccezione di Sicilia e Sardegna, che rientreranno nella ricerca il prossimo anno) allo scopo di registrarne il consumo legato a speculazione edilizia e urbanizzazione di paesaggi agricoli e naturali.
Il quadro che emerge dal dossier, che prende in esame 13 regioni, è tanto impressionante quanto paradossale: sui 3.902 chilometri di coste analizzate da Ventimiglia a Trieste, oltre 2.194 chilometri, ossia il 56,2% dei paesaggi costieri, sono stati trasformati dall’urbanizzazione.
Dal 1985, anno della Legge Galasso, sono stati cancellati dal cemento circa 222 chilometri di paesaggio costiero, a un ritmo di quasi 8 chilometri l’anno.
La tutela delle coste è tornata di attualità in queste settimane per via della modifica alle procedure di autorizzazione per gli interventi in aree costiere avvenuta con la Legge Madia. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che per costruire nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico come quelle costiere, oltre all’autorizzazione edilizia, è necessario anche un parere paesaggistico autonomo espresso da un Soprintendente. Con il testo di riforma della Pubblica Amministrazione, approvato definitivamente dal Parlamento il 4 agosto, in caso di ritardo di oltre 90 giorni da parte della Soprintendenza i termini e le condizioni per l’acquisizione del parere decadranno e si determinerà un silenzio assenso.
“Con il silenzio/assenso della Legge Madia i rischi per le coste
italiane aumenteranno. Se molte minacce per il paesaggio costiero si sono realizzate all’interno di un quadro normativo che prevedeva piani regionali e vincoli di edificabilità, come quelli introdotti dalla Legge Galasso, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di una riorganizzazione e di un rafforzamento degli uffici preposti alla gestione dei vincoli – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Per questo occorre cambiare le regole di tutela, che si sono rivelate del tutto inadeguate a salvaguardare i paesaggi costieri dalla pressione edilizia, e istituire un sistema di controlli adeguati e di condivisione delle informazione tra i Ministeri dei beni culturali e dell’ambiente, Regioni e Soprintendenze, Comuni e forze di polizia. Occorre poi completare la pianificazione paesaggistica, perché oggi solo Puglia, Sardegna e Toscana lo hanno fatto introducendo chiare indicazioni di tutela, attraverso un’intesa con il Ministero dei Beni culturali. La Legge Madia deve essere cambiata proprio in questa direzione, prevedendo il silenzio assenso solo per le Regioni nelle quali sono in vigore dei piani paesaggistici, perché in queste realtà è chiaro cosa si può realizzare e cosa no. E’ urgente poi fissare, attraverso meccanismi di sanzione e premialità, un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere per una distanza di almeno 1 chilometro dal mare, nelle Regioni senza piani
paesaggistici”.
Il confronto tra le coste, realizzato attraverso una sovrapposizione di foto satellitari, evidenzia processi analoghi nelle diverse regioni. Il versante tirrenico è stato intaccato nella maniera più rilevante e, infatti, meno del 30% delle sue aree rimane oggi libero da costruzioni. Nell’Adriatico è soprattutto la morfologia costiera, dal delta del Po alle lagune venete, dal Conero al Gargano, ad aver costituito un ostacolo nei confronti della cementificazione. In ogni caso, tra il Molise e il Veneto sono scomparsi dal 1988 ulteriori 42 km di costa, con un incremento delle trasformazioni dei paesaggi pari al 6,3%.
Complessivamente il record negativo spetta alla Calabria, dove le
trasformazioni interessano più del 65% dei rispettivi paesaggi costieri, seguita da Lazio, Abruzzo e Liguria (63% di coste consumate).
In Calabria si è di fronte a dati impressionanti: su un totale di 798
chilometri sono 523 quelli trasformati da interventi edilizi, anche
illegali.
22 agosto 2015