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 My city 

Primo Rapporto sullo stato   del  “paesaggio alimentare italiano”

Secondo una  ricerca realizzata da Eurispes e dal  Corpo Forestale dello Stato, Negli ultimi 12 anni lo stato del territorio italiano è notevolmente peggiorato sia per il rischio sismico, sia nella quantità di aree soggette a criticità idrogeologiche. Il numero dei Comuni in aree ad elevato rischio idrogeologico, straordinariamente cresciuto, è passato a 6.631, equivalente al 10% della superficie territoriale italiana (29,5mila kmq), e quello dei Comuni a rischio sismico è salito a 2.893, il 44% del territorio complessivo (131mila kmq). Sulla base della superficie territoriale ad elevato rischio naturale, si stima che la popolazione potenzialmente esposta ad un elevato rischio idrogeologico sia pari a 5,8 milioni di persone e ad elevato rischio sismico sia pari a 21,8 milioni di persone.

La causa principale di questo peggioramento si conferma il comportamento dell’uomo. L’abbandono del territorio extraurbano dall’attività produttiva ed agricola, dalla manutenzione ordinaria degli spazi aperti; la cementificazione e l’impermeabilizzazione crescente dei suoli insieme con le forme di urbanizzazione del contesto nazionale moderno suburbano (lo sprawl urbano); l’eccessivo uso di suolo; l’abusivismo edilizio; il disboscamento; l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente; la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua; l’alterazione delle dinamiche naturali dei fiumi; l’estrazione illegale di inerti, la cementificazione degli alvei e il disboscamento dei versanti collinari e montuosi, gli incendi boschivi: sono tutti fattori che contribuiscono al peggioramento dell’assetto idraulico del territorio, rendendo i suoli più poveri e quindi più vulnerabili ai fenomeni atmosferici violenti ed amplificando il rischio che interessa, in  modi e forme diverse, praticamente tutto il territorio nazionale. Secondo l’Istat il consumo di suolo in Italia è pari al 7,3% della superficie totale; tra il 1995 ed il 2009 l’Ispra (Legambiente, 2012) attesta che in Italia sono state costruite circa quattromilioni di nuove abitazioni con l’impiego di circa tre miliardi di metri cubi di cemento che hanno determinano la distruzione di circa 100  ettari di suolo. Ma il vero problema è l’edificazione irregolare ed abusiva: dal 2003, anno dell’ultimo condono edilizio, ad oggi, sono state costruite oltre 258mila case illegali. Secondo le stime di Legambiente in 1.121 comuni (l’85% di quelli analizzati in Ecosistema rischio 2011) sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, e nel 31% dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri. All’edificazione selvaggia si aggiunge inoltre la distruzione provocata dagli incendi boschivi che contribuiscono ad indebolire la capacità statica dei terreni, privandoli della fauna di superficie, e rendendoli quindi più sensibili all’azione dilavante delle piogge. Secondo i dati del Corpo forestale dello Stato dal 1970 al 2012 sono andati in fumo circa 4.451.831 Ha di territorio, il 46% di superficie boscata ed il 64% di superficie non boscata. I grafici che seguono evidenziano l’andamento del numero di incendi e della superficie complessiva percorsa dal fuoco, distinta tra superficie boscata e non. L’andamento negli anni, sia del numero di incendi sia della loro dimensione, mostra dei picchi che si presentano quasi con una puntuale regolarità ogni 4-5 anni. Dal 1944 ad oggi il Paese ha speso circa 242,5 miliardi di euro per fronteggiare i danni provocati da terremoti e da eventi franosi ed alluvionali: circa 3,5 miliardi all’anno. La spesa, stimata e rivalutata in base agli indici Istat al 2011 sempre nel Rapporto Cresme-Ance, è stata destinata per 74,6% ai danni da terremoto e per il 25,4% a danni da dissesti idrogeologici. Il 55% dei 242,5 miliardi (circa 132,5 miliardi) ha riguardato il costo dei danni provocati da eventi verificatisi tra il 1944 e il 1990, con una media di circa 2,8 miliardi all’anno; il 37%, poco meno di 90 miliardi, ha finanziato costi per danni relativi ad eventi verificati tra il

1991 e il 2009, circa 4,7 miliardi all’anno: il restante 8%, pari a 20,5 miliardi, è servito a finanziare i costi delle calamità naturali accadute dal 2010 a oggi, con una media annua di circa 6,8 miliardi. Nell’ultimo triennio viene considerato il costo relativo ai danni diretti provocati dal recente terremoto di maggio 2012 che ha interessato le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, stimato dalle autorità italiane in 13,3 miliardi, nonché del volume medio annuo dei danni da dissesto idrogeologico degli ultimi 20 anni, indicato dall’attuale Ministro dell’Ambiente in 2,5 miliardi.

L’illegalità ambientale. Il termine “Ecomafie” viene coniato dall’Eurispes negli anni Novanta proprio per contraddistinguere il ruolo della criminalità organizzata nei fenomeni di degrado e di illegalità ambientale ed esprimere l’attitudine mostrata dalle organizzazioni mafiose ad inserirsi con metodologie imprenditoriali nei business di carattere ambientale. Aumentano i reati ambientali intercettati dalle autorità di controllo: nel 2011 ne sono stati scoperti 33.817, 93 al giorno, con un incremento di circa 9,7 punti percentuali rispetto al 2010 e di 18,8 punti percentuali rispetto al 1997. I reati ambientali sono diffusi in tutto il Paese, sebbene alle prime posizioni si confermi la predominanza delle regioni meridionali (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), seguite dal Lazio, con un leggero peggioramento della Sicilia, passata dal 5° al 3° posto e due miglioramenti, costituiti da Puglia e Lazio in perdita di una posizione. Tra le regioni “virtuose” si registrano la Valle d’Aosta, stabile agli ultimi posti della classifica di Legambiente, il Trentino Alto Adige ed il Molise, in discesa dal 2007, il Friuli Venezia Giulia, in ascesa nella classifica (dalla 19esima posizione alla 17esima) ed infine l’Umbria. L’analisi della distribuzione dei reati per ripartizione geografica conferma il primato quantitativo dell’Italia meridionale ed insulare, responsabili di oltre il 55% dei reati accertati dal 2007 al 2011

Il ruolo del Corpo Forestale. In questo contesto l’azione di contrasto del Corpo si è concentrata sui reati più gravi e dannosi per l’ambiente e il paesaggio. I reati accertati sono stati quasi 96mila negli ultimi 6 anni, 60.547 le persone denunciate, 19.406 i sequestri penali, 443 arresti, 2.945 le perquisizioni, 86 i fermi. L’aumento percentuale degli arresti (+11%) e delle perquisizioni (+51%) insieme alla diminuzione del numero dei reati commessi da persone non identificate (dal 55% al 52%) indicano una maggiore capacità di identificazione delle persone responsabili del reato e di individuazione degli obiettivi da monitorare. I settori maggiormente interessati dell’attività operativa del Corpo nel 2011 sono stati 7, nei quali si è concentrato il 92% dei controlli: Tutela del Territorio (41%), Tutela della Fauna (18%), Controllo Coordinato del Territorio (9%), Aree Protette (8%), Discariche e Rifiuti (7%), Tutela della Flora (5%), Incendi (3%). L’attività di prevenzione nei confronti degli incendi sta dunque dando i suoi frutti.

La sicurezza agroalimentare. Dal 2011, uno degli obiettivi primari dell’attività del Corpo forestale dello Stato è la lotta alle frodi e alle contraffazioni alimentari. La sicurezza alimentare costituisce un tema di grande attualità per l’Italia ed investe essa stessa molteplici aspetti legati al valore della qualità del cibo, della salute umana, alla difesa dell’ambiente e del territorio contro l’abbandono e il degrado. Questione alimentare, ambientale ed energetica sono strettamente interconnesse. Mantenere sul territorio quelle produzioni agricole tipiche della filiera agroalimentare di eccellenza del Made in Italy, capaci inoltre di generare alte remunerazioni in termini economici, elevati redditi per gli agricoltori, costituisce un’azione prioritaria ai fini della valorizzazione e della difesa dell’ambiente e dei servizi indotti sul territorio. Secondo le stime del Corpo forestale dello Stato, i pirati agroalimentari ogni anno sottraggono all’Italia 60 miliardi di euro di valore di cibo contraffatto e spacciato nel mondo come Italian sounding.

Il cibo italiano e la bilancia dei pagamenti. Secondo le stime elaborate nel Rapporto Agromafie realizzato dall’Eurispes, il settore agroalimentare è al secondo posto in termini di fatturato, dopo quello metalmeccanico, e riveste un ruolo determinante in ambito comunitario contribuendo per il 13% alla produzione agricola totale dell’Europa. La quota di export agroalimentare italiano sul commercio mondiale si attesta da diversi anni ad una cifra superiore al 3,5%, l’esportazione dei prodotti tipici vale circa 24 miliardi di euro sulla bilancia dei pagamenti del nostro Paese.

L’enogastronomia italiana è quindi un tratto distintivo dello stile italiano, uno dei fattori di successo e di identificazione del Made in Italy: per questo i prodotti dei cibo italiano sono spesso oggetto di sofisticazioni alimentari. Sulla base del giro di affari complessivo della criminalità organizzata stimato dall’Eurispes in 220 miliardi di euro, quello dell’Agromafia viene calcolato pari a 12,5 miliardi di euro, equivalenti al 5,6% del totale, di cui 3,7 miliardi di euro da reinvestimenti in attività lecite e 8,8 miliardi di euro da attività illecite. Ulteriori approfondimenti su www.eurispes.eu

2 dicembre 2012


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