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L’Italia a rischio frane e alluvioni

Rossella Muroni ,direttrice naz.Legambiente

21-dicembre 2011 Ancora ritardi nella prevenzione e nell’informazione ai cittadini mentre troppo cemento invade fiumi, ruscelli e fiumare, come pure aree a ridosso di versanti franosi e instabili. è questa in sintesi la situazione che emerge da Ecosistema Rischio 2011, l’indagine realizzata da Legambiente con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile, che ha monitorato le attività di prevenzione realizzate da oltre 1.500 fra le 6.633 amministrazioni comunali italiane classificate a rischio idrogeologico potenziale più elevato.

I risultati dell’indagine sono stati presentati questa mattina, presso la sede romana di Legambiente, dal Capo Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, dalla direttrice nazionale di Legambiente, Rossella Muroni, e dal responsabile nazionale protezione civile di Legambiente, Simone Andreotti.

Ben 1.121 tra i comuni intervistati (l’85%) rilevano la presenza sul proprio territorio di abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in zone a rischio frana; accanto a questi, sono rilevanti le percentuali dei comuni che dicono di avere in zone a rischio fabbricati industriali (56%), interi quartieri (31%), strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali (20%) e strutture ricettive turistiche o commerciali (26%). A fronte di una situazione di forte pericolo, che si stima riguardi oltre 5 milioni di persone, sono ancora poche le amministrazioni (29% di quelle interpellate) che affermano di essere intervenute in maniera positiva nella mitigazione del rischio idrogeologico. Migliore, invece, appare la situazione nell’organizzazione del sistema locale di protezione civile: l’82% dei comuni intervistati ha dichiarato di avere un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, anche se soltanto la metà lo ha aggiornato negli ultimi due anni.  “I drammatici eventi che hanno colpito di recente Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria – ha spiegato la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muronisono solo le ultime tragiche testimonianze di quanto il territorio italiano abbia bisogno non solo di un grande intervento di prevenzione su scala nazionale ma anche di come la popolazione debba essere informata e formata ad affrontare gli eventi calamitosi. Dobbiamo lavorare, insomma, anche per affermare una nuova cultura del rischio che renda le persone capaci di evitare comportamenti pericolosi di fronte a fenomeni naturali purtroppo non più eccezionali ma intensificati, ormai con evidenza, dagli effetti dei cambiamenti del clima. Sul fronte del territorio poi – aggiunge Muroniè assolutamente prioritario e fondamentale dare maggiore efficacia ai vincoli che vietano di costruire nelle aree esposte al pericolo, programmare e realizzare gli abbattimenti dei fabbricati abusivi, delocalizzare dove possibile le strutture a rischio e investire in interventi di qualità per la sicurezza”.

 A fronte di ingenti risorse stanziate per il funzionamento della macchina dei soccorsi, per l’alloggiamento e l’assistenza agli sfollati, per supportare e risarcire le attività produttive e i cittadini colpiti e per i primi interventi di urgenza, è evidente l’urgenza di maggiori investimenti in termini di prevenzione e manutenzione dei corsi d’acqua, di cui avrebbe sempre più bisogno l’Italia.

“Poter contare su un ottimo sistema di protezione civile ci permette di affrontare in modo efficace le emergenze – commenta Simone Andreotti, responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente –ma è evidente come ormai certi fenomeni naturali non siano più eventi eccezionali. è quindi ormai indispensabile far crescere anche nei cittadini una nuova mentalità legata ai temi della sicurezza e della protezione civile. Su questo gli amministratori devono assolutamente cambiare passo e preoccuparsi anche di fornire un’informazione puntuale alla popolazione che dia la consapevolezza necessaria per affrontare il momento critico, quando un evento calamitoso si manifesta”.

Il 69% dei comuni interpellati per il dossier Ecosistema rischio ha dichiarato di aver svolto regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica, e il 70% di aver realizzato opere per la messa in sicurezza dei corsi d’acqua o di consolidamento dei versanti franosi. Tuttavia, questi interventi, se non eseguiti adeguatamente e sulla base di attenti studi per valutarne l’impatto su scala di bacino, rischiano in molti casi di accrescere la fragilità del territorio piuttosto che migliorarne la condizione, e di trasformarsi in alibi per continuare a edificare lungo i fiumi e in zone a rischio frana.

Intanto, le delocalizzazioni procedono a rilento: soltanto 56 comuni intervistati (il 4%) hanno affermato di aver intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e appena nel 2% dei casi si è provveduto con interventi analoghi su insediamenti o fabbricati industriali. Le delocalizzazioni delle strutture presenti nelle aree esposte a maggiore pericolo e gli abbattimenti dei fabbricati abusivi rappresentano una delle principali azioni per rendere sicuro il territorio, anche attraverso interventi di rinaturalizzazione delle aree di esondazione naturale dei corsi d’acqua volti alla mitigazione del rischio.

Altro punto dolente riguarda l’informazione alla popolazione sui rischi idrogeologici, sui comportamenti da adottare in caso di pericolo, sui contenuti del piano d’emergenza e sulla formazione del personale. Purtroppo, solo il 33% dei municipi che hanno risposto al questionario di Ecosistema rischio ha organizzato iniziative rivolte ai cittadini e il 29% ha predisposto esercitazioni per testare l’efficienza del sistema locale di protezione civile.

Quest’anno nessun comune raggiunge la classe di merito “ottimo” nella classifica predisposta da Legambiente sulla mitigazione del rischio idrogeologico. I più virtuosi sono Peveragno (CN), Endine Gaiano (BG), e Senigallia (AN) con il punteggio di 8,5: questi comuni hanno dichiarato di aver realizzato interventi di delocalizzazione, di aver svolto  un’ordinaria attività di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica, di aver effettuato interventi di messa in sicurezza, di avere piani d’emergenza dedicati al rischio idrogeologico aggiornati, di averli fatti conoscere ai cittadini e verificati attraverso esercitazioni.

Le “maglie nere”, invece, vanno a Bagnoli Irpino, Moschiano e Quindici (AV), Castelmassa (RO), Biccari (FG), Garessio (CN), Sannicandro di Bari (BA), Monterosso Calabro (VV) che ottengono un pesante 0,5 in pagella, e al fanalino di coda, Lagnasco (CN), con un punteggio pari a  zero. In questi comuni è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate sufficienti attività mirate alla mitigazione del rischio, né dal punto di vista della manutenzione del territorio, né nell’organizzazione di un efficiente sistema comunale di protezione civile.

COMUNI A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA

Regione Comuni a rischio % Comuni a rischio
Calabria 409 100%
Provincia Autonoma di Trento 222 100%
Molise 136 100%
Basilicata 131 100%
Umbria 92 100%
Valle d’Aosta 74 100%
Marche* 239 99%
Liguria 232 99%
Lazio 372 98%
Toscana 280 98%
Piemonte 1.049 87%
Abruzzo 294 96%
Emilia Romagna* 313 95%
Campania 504 92%
Friuli  Venezia Giulia 201 92%
Sardegna 306 81%
Puglia 200 78%
Sicilia 277 71%
Lombardia 929 60%
Provincia Autonoma di Bolzano 46 59%
Veneto 327 56%
TOTALE 6.633 82%

Fonte: Report  Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio “Rischio idrogeologico in Italia” – ottobre 2008

*dato aggiornato con l’avvenuto passaggio di 7 amministrazioni Comunali dalla Regione Marche alla Regione Emilia Romagna nel 2009                

 

 

NUMERO DI CITTADINI PRESENTI IN AREE A RISCHIO

Popolazione a rischio Numero comuni Percentuale comuni
Oltre 100.000 2 0,1%
Da 50.000 a 100.000 1 0,08%
Da 10.000 a 50.000 9 0,7%
Da 1.000 a 10.000 121 9%
Da 100 a 1.000 340 26%
Da 1 a 100 655 50%
0 169 13%
Indeterminato 19 1%

Fonte: Legambiente

 

URBANIZZAZIONE DELLE AREE A RISCHIO

DI FRANE E ALLUVIONI NEI COMUNI ITALIANI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Abitazioni in aree a rischio idrogeologico 1.121 85%
Quartieri in aree a rischio idrogeologico 403 31%
Industrie in aree a rischio idrogeologico 743 56%
Strutture sensibili in aree a rischio idrogeologico 257 20%
Strutture ricettive o commerciali in aree a rischio 339 26%

Fonte: Legambiente

 

 

 

 

ATTIVITA’ REALIZZATE DAI COMUNI ITALIANI

PER LA PREVENZIONE DI FRANE E ALLUVIONI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Delocalizzazione di abitazioni 56 4%
Delocalizzazione di fabbricati industriali 29 2%
Manutenzione 912 69%
Opere di messa in sicurezza 926 70%
Recepimento PAI nel piano urbanistico 1035 79%

Fonte: Legambiente

 

PIANIFICAZIONE COMUNALE D’EMERGENZA,

ALLERTAMENTO, ATTIVITA’ D’INFORMAZIONE, ESERCITAZIONI

Attività Numero Comuni Percentuale Comuni
Piano d’emergenza 1.083 82%
Aggiornamento del piano d’emergenza 655 50%
Recepimento sistema allertamento regionale 931 71%
Sistemi di monitoraggio e allerta 599 46%
Struttura di protezione civle h24 635 48%
Attività di informazione 429 33%
Esercitazioni di protezione civile 375 29%

Fonte: Legambiente

LAVORO DI MITIGAZIONE

DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO SVOLTO DAI COMUNI ITALIANI

Lavoro svolto

Percentuale comuni Classe di merito Numero comuni Percentuale comuni
Positivo 29% Ottimo 0  
Buono 119 9%
Sufficiente 268 20%
Negativo 71% Scarso 536 41%
Insufficiente 393 30%

Fonte: Legambiente


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