Canone depurazione: non è una tassa, se il depuratore non c’è non è dovuto
Viterbo, 15 novembre 2011 – “Se nel Comune di residenza non sono attivi depuratori per le acque reflue, la quota della bolletta destinata alla depurazione non dev’essere pagata dai cittadini“. Confconsumatori Viterbo ha ottenuto un’importante vittoria che sancisce il diritto inalienabile dei cittadini a non pagare un servizio quando esso non viene effettivamente erogato.
La società viterbese Talete, infatti, riscuoteva indebitamente le quote di depurazione nel territorio di Civita Castellana, senza che fosse funzionante alcun impianto per la depurazione delle acque reflue.
La Confconsumatori di Viterbo ha quindi provveduto a richiedere la restituzione di quanto indebitamente corrisposto da un proprio iscritto a titolo di quote depurazione, in adempimento della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 335/2008, la quale asserisce che il pagamento per la depurazione è un corrispettivo di prestazione contrattuale e non un tributo, quindi è irragionevole che sia dovuto in assenza del servizio.
“La richiesta – spiega Antonio Nobili, responsabile di Confconsumatori Viterbo – è stata formulata nonostante la pendenza del nuovo dettato normativo, ovvero la legge n. 13/2009, la quale era stata posta in essere dal legislatore con l’unico scopo di superare la sentenza della Corte Costituzionale. La legge, infatti, stabiliva sommariamente che alla somma da restituire ed alle somme che si sarebbero richieste agli utenti dopo il 2009 si sarebbero comunque dovute detrarre le somme anticipate e/o anticipabili dall’ente per la messa in opera di un eventuale futuro depuratore (il tutto comunque sarebbe dovuto essere documentato). La legge stessa, inoltre, stabiliva che l’ente che gestisce le acque pubbliche avrebbe dovuto rimborsare le somme indebitamente riscosse (in assenza di depuratore o di eventuale messa in opera), entro il termine di cinque anni: quindi sino ad ottobre 2014 vi è la possibilità di restituire quanto indebitamente incassato“.
Anche in ordine alla eventuale restituzione, però, sarebbe stato comunque necessario da parte dell’ente e/o società gestrice fornire i parametri in adempimento della legge in ordine alla restituzione dell’indebito, le modalità e gli importi indebitamente riscossi e da restituire. Parametri che la società Talete non ha saputo fornire davanti alle richieste di Confconsumatori.
Per questo il giudice di Pace di Civita Castellana ha stabilito che le somme richieste risultavano esigibili dall’utente e ha condannato la società Talete al pagamento delle stesse in favore dell’associato che si è visto restituire così oltre 600 euro.